domenica 30 marzo 2014

Due paesi diversi: Afghanistan e Italia



“[…]Mi hanno chiesto da dove venivo io. Ho detto: Afghanistan. Loro hanno detto: Taleban, taleban. Questo era quello che loro sapevano del mio.”





Si  può  facilmente  supporre  che  oggi  gli  Italiani  ne  sappiano  davvero  poco  dell’ Afghanistan  oltre  il  nome, la  sua  collocazione  geografica, i  suoi  confini, qualche  ricordo  di  una  qualche  invasione  o  che  so  che  una  guerra, immagini  di  donne  rinchiuse  in  un  burqua, etc.. Innanzitutto  la  capitale  è  Kabul; il  paese  è  composto  da  una  cinquantina  di  gruppi  etnici, il  più  importante è  costituito  dai  Pashtun  che  sono  di  origine  iraniana, e  vi si  parlano  una  trentina  di  lingue, le  principali  delle quali sono  il  Dari  e il  Pashto. L’ Afghanistan  è  tra  i  paesi  più  poveri  del  mondo, la coltivazione  più  redditizia  è  quella  del  papavero  da  oppio, le  risorse  sono  poco  sfruttate  e  le  poche  industrie  sono  state  distrutte  dalla  guerra. Inoltre  il  paese  si  trova  in  una  grave  condizione di  guerra  e   instabilità  politica. Una  delle  feste  più  importanti  del  paese  è  il Ramadam,  che  è  il  mese  sacro  del  digiuno  e  proprio  in  questo  periodo  i  musulmani  rispettano  il divieto  di  fumare, di  bere  e  di  mangiare  dall'alba  al  tramonto. Dopo  questa  breve  introduzione  sull’  Afghanistan, vorrei  parlare  delle  diversità  politiche  che  ci  distinguono  da  questo  paese. Per  cominciare, e  spero  lo  sappiate  tutti, l’ Afghanistan  risente  del  regime  dei  talebani  che  ha  preso  il  potere  tra  il  1995  e  il  1998,  con  la  presa  di  Kabul. I  Talebani  hanno instaurato un  governo centralizzato  dove  al  vertice si trova il Consiglio dei ministri. Il  governo  tende  ad  essere  piuttosto  debole  in alcuni settori,  come  ad esempio  la riscossione delle tasse, la gestione del sistema sanitario e la riparazione delle infrastrutture, secondo  la  Sharia, la  legge  islamica. Inoltre,  le  donne  sono  considerate  e  trattate  come  feccia, usate  per  perpetuare  la  specie, soddisfare  i  bisogni  sessuali  degli  uomini  ed  occuparsi  delle  pulizie  domestiche; gli  uomini  hanno  potere  assoluto  su  di  loro  e  queste  sono  prive  di  ogni  diritto  dietro  al  loro  burqa, i  soffocanti  veli  che  le  ricoprono  da  capo  a  piedi; non  possono  neanche  vedere, respirare, parlare, ridere; se  il  rumore  dei loro passi  viene  udito  da  un  uomo, rischiano  di  essere  fustigate  pubblicamente. Insomma, dovremmo  ritenerci  fortunati, perchè il  nostro  governo  non  è  così rigido  e anche  se  qui  si parla  più  di  violenza, c’è  inoltre  da  dire  che  in  Afghanistan  vi  sono  state, e  ci  sono  ancora, innumerevoli  guerre  civili  che, anch’ esse, hanno  contribuito  al  crollo  politico  e  sociale  dell’ intero  stato.
Maran  Beatrice

mercoledì 26 marzo 2014

Resistere senz'acqua


“Due bottiglie ognuno: un piena e una vuota. Quella piena era per l’acqua. Quella vuota era per la pipì.”
Nella nostra società, abbiamo l’acqua a portata di mano, che sia per lavarci, per bere o per cucinare, ma ciò non è così per ancora una buona parte di popolazione mondiale. Ci sono infatti risorse idriche disponibili sulla Terra che potrebbero soddisfare i bisogni dell’intera popolazione, ma questo elemento non è distribuito regolarmente.
Secondo la FAO, per garantire una discreta qualità della vita occorrono 100 litri di acqua al giorno pro-capite, ma il consumo medio va dai 5 litri del Madagascar ai 700 degli USA.
L’acqua potabile non è presente in quasi tutta la superficie africana e le previsioni per il 2020 non sono buone, si stima infatti che ci saranno 3 miliardi di persone assetate. Ma quanto può resistere una persona senza bere, la necessità principale dell’uomo? Esiste davvero una risposta precisa?
Tutto dipende in primis dalla corporatura del soggetto e dal suo stato di salute. In media si potrebbe resistere 5 giorni ma le conseguenze della disidratazione sarebbero visibili fin da subito; le donne sono le più resistenti, visto che consumano meno energie degli uomini, mentre i bambini resisterebbero al massimo un terzo del tempo di un adulto. Tutto cambia da ambiente ad ambiente, dalla temperatura e dalle attività svolte in mancanza di acqua dalla persona, infatti se si dorme, la perdita di liquidi è limitata. In tutto ciò però si da per scontato il fatto che ci si continui a nutrire di frutta e verdura ricchi di acqua.
Notiamo anche che il resistere senza acqua è molto più difficile di resistere senza cibo, senza il quale si potrebbe resistere per circa un mese.

Alexandra Costa

martedì 25 marzo 2014

I rifugiati politici


“[…] e il ragazzino affondava la lama e sgozzava l’uomo. Ho detto: Sarei potuto essere io, quel ragazzino.
Che il permesso come rifugiato politico mi era stato concesso me lo hanno detto qualche giorno dopo.”

Con la parola rifugiato si intende una persona che, a causa di discriminazioni (politiche, religiose, razziali) o a causa di persecuzioni (sessuali, psichiche ecc.), è fuggita o è stata cacciata dal proprio Paese e cerca ospitalità in un Paese straniero.
Lo “status” di rifugiato politico può essere richiesto solamente da coloro che hanno subito persecuzioni, accertate, nel Paese di provenienza per motivi razziali, di nazionalità o appartenenza a un determinato gruppo sociale o ancora per le proprie opinioni in campo politico, e per questo motivo abbiano paura di subire nuovamente queste persecuzioni se dovessero fare ritorno dal luogo in cui provengono.
Dal momento in cui il rifugiato ottiene lo “status” il Paese ospitante si impegna a proteggerlo grazie all’asilo politico e nel contempo il rifugiato si impegna a rispettare le leggi dello Stato in cui si trova.
Uno dei punti più importanti per ottenere il permesso è c0noscere la lingua del Paese ospitante; la lista delle condizioni per essere considerati rifugiati politici è stata stilata la prima volta nel 1951 a Ginevra, durante un congresso internazionale. Nello “status” vanno inoltre specificate una serie di informazioni riguardanti: l’età, la condizione sociale, l’identità, i luoghi dove si ha soggiornato prima di arrivare nel paese a cui si chiede ospitaità, le eventuali domande di asilo chieste in precedenza, gli itinerari dei viaggi compiuti, i documenti di identità e di viaggio e infine il motivo per il quale viene chieste la protezione internazionale.

Lo “status” può anche non essere concesso o revocato qualora si commetta o si abbia commesso reati contro la pace, reati o atti molto gravi e/o crudeli.

Giada Magaraggia

La cosa più vicina a quella che può essere una casa



"Quando siamo arrivati era tardi e l'Ufficio stava chiudendo. Payam ha parlato al posto mio, e quando la signora gli ha spiegato che non avevano posto per me da nessuna parte, in nessuna comunità o altro, e che per una settimana avrei dovuto arrangiarmi, ha chiesto alla signora di attendere un attimo, si è voltato e ha ripetuto ogni parola."

I centri di accoglienza sono un complesso di iniziative organizzate per venire incontro ai bisogni delle persone in difficoltà. L'accoglienza nel centro è limitata al tempo necessario per stabilire l'identità di un individuo e la legittimità della sua permanenza sul territorio o per provvederne all'allontanamento. Queste strutture salvano le persone dalla strana offrendo loro pasti caldi, un tetto sotto cui dormire e ogni tipo di servizio. Molto spesso, come nel caso di Enaiat, costituiscono una sorta di rifugio. Un posto in cui stare, mangiare, dormire. Un luogo per evitare il rimpatrio e cominciare una nuova vita in un nuovo Paese. In poche parole, la cosa più vicina a quella che può essere considerata una casa. Perchè se sei stanco, stanco di essere sempre in viaggio, secondo le parole di Enaiatollah, l'Ufficio minori stranieri può essere la tua unica speranza. Puoi sperare di essere assegnato ad una comunità in attesa di ottenere un permesso di soggiorno, perchè "l'indecisione non è sana per chi è senza un permesso di soggiorno". Solitamente vediamo questi luoghi molto distanti dalla nostra realtà, nonostante siano ovunque intorno a noi. Vengono spesso affiancati all'immagine dell'immigrato, dello straniero, dell'emarginato dalla società, immagine ricca di pregiudizi, non sapendo però che a volte sono proprio le persone come noi, le persone che avevano un lavoro, una casa, una famiglia, ad essere le più bisognose. E tutto ciò mi porta a pensare anche a quelle persone che dedicano il loro lavoro, la loro vita e la loro carriera aiutando chiunque sia in difficoltà o si ritrovi in mezzo a una strada. Spesso non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo nell'essere cresciuti con un tetto sopra la testa, diamo tutto per scontato, a differenza di quei bambini più sfortunati costretti a vivere per strada. Perchè infondo, tutti sappiamo che per dormire, un letto è più comodo di una panchina, no?

Emozioni di un rincontro






Ci parlavamo per la prima volta dopo otto anni, otto, e quel sale e quei sospiri erano tutto quello che un figlio e una madre possono dirsi, dopo tanto tempo.”

Le presenze, quante volte le abbiamo date per scontate? Quante volte ci siamo ritrovati con le lacrime agli occhi e i «mi manchi» sussurrati fra le labbra?
Ci siamo resi conto del tempo che passava, che quelle persone per noi essenziali sono state sostituite da altre, ci siamo resi conto che, essenziali, non lo erano più. Ma come si fa a voltare le spalle a chi torna? Come si fa a far finta di nulla quando, dentro di te, ogni fibra muore? Trovare il sangue freddo per guardare negli occhi una persona e dirle «Non ho bisogno di te.»?
È impossibile diventare freddi; il cuore ti si scalda, le membra si sciolgono, solitamente le lacrime ti percorrono il viso, arrossandolo. Ci si sente vicini seppur ancora distanti, distanti dopo un periodo di gelo, corto o lungo che sia. Ci si prende per mano, ci si scruta, guardandosi negli occhi, cercando quella parte di te che avevi lasciato nell'altro, sperando di trovarti gelosamente custodito nel cuore. Ma ciò che più speri di trovare è l'altro: cosa avrà fatto il tempo? Il tempo che passa è una bestia; ci scalfisce, ci tormenta, crea lacune immense, difficili da colmare; inesorabilmente ci cambia e saresti pronti ad accettare ciò? Ad accettare che una persona, prima così simile a te, ora ti contraddica anche nelle piccole cose? Potresti mai rassegnarti?
Il ritrovarsi non sempre è una piacevole azione, potresti scoprirti deluso e ferito di una ferita ancor più vasta e profonda, nostalgico verso l'ignoranza che prima ti avvaleva, nostalgico verso il ricordo, ricordo ora sfumato, sovrastato da quell'impellente verità: la persona che hai accanto non è più la stessa.
E tu te ne vai con lei,  puoi decidere se parlarle a quattr'occhi, con un caffè sotto il naso e la musica di un bar scadente in sottofondo, parlarle e recuperare i giorni persi, parlare e tentare di aggrapparti a quel poco che resta di voi. Oppure puoi far finta di nulla, essere scostante e indifferente, fermarti ai convenevoli e riprendere la tua strada, camminarle lontano, senza mai voltarti, iniziare a correre e soffocare quel «ti voglio bene» incastrato fra il petto e la bocca. Mettere l'orgoglio davanti a tutto, davanti a se stessi, e pentirsi per il resto della vita.

Marika M.

sabato 22 marzo 2014

I pericoli della montagna

            


La cima della montagna era lì a un passo da noi, vicina da raggiungerla con un salto. Le abbiamo girato intorno. Lei non si è mossa.”
Quando pensiamo alla montagna, pensiamo al verde dei boschi, al fresco che emanano le fronde degli alberi, al muschio formatosi sulle rocce all’ombra, agli scoiattoli che corrono allegramente da un ramo all’altro. Ma, purtroppo per la nostra incolumità, ci sono molteplici pericoli che possono presentarsi sul sentiero di una montagna. Un chiaro esempio, viene descritto nella vicenda di Enaiatollah, mentre percorre il sentiero della montagna con altri settantasette clandestini. L’ostilità del luogo uccide ben dodici di loro. Spesso si sminuiscono di molto i rischi che si possono correre avventurandosi sulla montagna in assenza di piste segnate.
 Una delle prime cause di incidenti sono le frane, che senza alcun preavviso, possono cadere in grandi quantità di roccia e fango, o cedere sotto i tuoi piedi, facendoti cadere con essi. Un’altra causa, potrebbe essere la raccolta di funghi, infatti non tutti i funghi sono commestibili, alcuni possono essere nocivi per la nostra salute o addirittura mortali. Un’accurata conoscenza nel campo, evita spiacevoli inconvenienti.
Le montagne sono popolate da molteplici animali, molti dei quali innocui. Altri, come la vipera o l’orso bruno, non sono altrettanto amichevoli. Il morso della vipera, se non curato entro poco tempo, è letale. L’incontro con un orso, è alquanto raro, ma quando avviene, assicuratevi che non sia uscito da poco dal letargo, potrebbero essere i vostri ultimi pensieri.

Nel periodo invernale, la montagna diviene doppiamente pericolosa. Soprattutto in alta montagna, quando nevica molto, la neve va a coprire i profondi e pericolosi crepacci dei ghiacciai.
Una persona che sta sciando, senza accorgersene, sprofonda nei punti in cui la neve è più morbida e leggera, e ci precipita.
Inoltre, gli sciatori che vanno in fuori pista, possono provocare slavine o valanghe. 

La montagna, tutto sommato, che sia innevata o scaldata dal dolce sole primaverile, è un luogo meraviglioso. Con le giuste precauzioni, si possono evitare incidenti.


Alessandra Golin

Olimpiadi di Atene 2004. "Citius, Altius, Fortius"


"Così, in giro per la città, c'era la fame di manovali in nero nei cui confronti, per fare bella figura con il mondo, anche la polizia aveva un occhio di riguardo, credo."

A partire dal 776 a.C. nell'Antica Grecia si tennero, con il nome di "Giochi Olimpici", dei giochi sportivi in onore del dio Zeus.
Durante questi giochi anche le guerre e qualsiasi tipo di attività militare venivano sospese. Chiunque non rispettava questa 'tregua', veniva espulso dalle Olimpiadi di quell'anno e da quelle successive.
Ai giochi non era permessa la partecipazione delle donne e per verificare che ciò fosse rispettato, gli atleti dovevano gareggiare nudi.
Le Olimpiadi avevano una fondamentale importanza nella vita pubblica greca e il loro scopo principale era quello di unire la popolazione e di rendere più forte il senso di "patria comune". Purtroppo il senso ed il fine di tali giochi nel tempo è molto cambiato. Attualmente le Olimpiadi rivestono soprattutto un interesse economico e politico, più che sportivo, religioso e di unione del popolo, come era alle origini.
Oggigiorno però non vale più la celebre frase: «L'importante non è vincere ma partecipare. La cosa essenziale non è la vittoria ma la certezza di essersi battuti bene.» (Pierre de Coubertin, citando il vescovo Ethelbert Talbot).
Al contrario, numerosi sono stati i casi verificatisi anche nelle diverse Olimpiadi, di atleti che, per aumentare le prestazioni hanno utilizzato sistemi illegali (sostanze dopanti vietate dal regolamento, o altro) andando a snaturare il senso originale delle Olimpiadi stesse. Il motivo di tutto ciò è che a nessuno interessa più partecipare solo per il gusto di farlo, ma si   gareggia  per il desiderio di vincere un premio (con relativi contratti degli sponsor) per diventare "famosi", per essere ricordati ed osannati. I Giochi della XXVIII Olimpiade (Αγώνες της XXVIIΙ Ολυμπιάδας) si sono svolti, per la seconda volta nell'età moderna (dopo la 1ª olimpiade del 1896) ad Atene dal 13 al 29 agosto 2004. Dopo la delusione del 1996, Atene, al ballottaggio con Roma, Città del Capo, Stoccolma e Buenos Aires è stata scelta per ospitare i giochi, prendendosi quindi una rivincita.
Questa scelta in seguito è stata da molti contestata, poiché parrebbe che in quegli anni la Grecia avesse alterato i conti e i bilanci annuali economici pur di far sì che i Giochi Olimpici ritornassero lì, dove tutto ebbe origine.
Però, per la prima volta dai Giochi della XXVI Olimpiade parteciparono tutte le nazioni con un Comitato Olimpico.
Il fatto di ospitare le Olimpiadi ha reso necessari tutta una serie di lavori di costruzione o adeguamento degli impianti sportivi per il perfezionamento del Villaggio Olimpico. 
A causa di una modifica dello stadio, c'è stato un ritardo dei lavori, che a meno di due mesi dall'inizio delle Olimpiadi, ha provocato l'ulteriore richiesta di manodopera lastminute e di conseguenza la necessità di servirsi di personale che veniva sfruttato (pagato in nero, senza alcuna assicurazione sul lavoro, utilizzo di minori come il protagonista del libro) e tutto ciò con la connivenza della polizia, che faceva finta di non vedere.
"Sono un'arma segreta i migranti di tanto in tanto."
Da reietti, quando serve, diventano risorse da utilizzare a piacimento.

Martina Sottani

giovedì 20 marzo 2014

Rubare per necessità


“Il supermercato. Il supermercato era il paradiso. Il supermercato era il mio obbiettivo. Dovevo solo entrare, prendere del cibo, nulla di impegnativo, della frutta poteva bastare, e dei vestiti, magari dei costumi, se li avevano.”

Questo è ciò che ha pensato il povero Enaiatollah appena sbarcato in Grecia, dopo un lungo e pericoloso viaggio in mare affrontato con un gommone sgangherato in compagnia dei suoi fedeli compagni di viaggio. Il supermercato. Per noi che viviamo in un’epoca dove se si ha fame basta aprire lo sportello del frigo, allungare una mano e prendere ciò che più ci piace, non sembra un granchè. Ci siamo abituati. E come non esserlo quando ne vediamo tutti i giorni ad ogni angolo della strada? Ma per un ragazzino Afghano che aveva sempre e solo visto bazar, questo tipo di negozio rappresentava proprio il paradiso e l’opportunità di rifornirsi di cibo essendo estremamente affamato. Enaiat ne ha approfittato e ha rubato ciò che gli serviva. Ma quelle cose gli erano necessarie per sopravvivere a differenza di molti giovani occidentali che spesso entrano nei negozi e rubano di nascosto oggetti per gioco o per scommessa con gli amici.
Anche se questo ci sembra molto distante da noi, ci sono casi in cui persone (soprattutto anziani) rubano nei supermercati perché non possono permettersi prodotti alimentari dai costi elevati poiché ricevono una pensione bassa. Queste persone vengono chiamate “ladri per necessità” e nella maggior parte dei casi non vengono arrestate, poiché la loro situazione economica non gli permette di mantenersi con il denaro a disposizione. E come dicono gli addetti alla prevenzione dei furti e le forze dell’ordine nell’articolo “Anziana ruba per necessità, i carabinieri organizzano una colletta”: "c’e stato un incremento notevole dei furti nei supermercati. Viene segnalato un furto ogni tre ore circa. Tolto un 70% di ladruncoli abituali (in cerca di alcolici, cosmetici, vestiti o prodotti tecnologici), il resto sono anziani, pensionati, che dicono di farlo per necessità e cercano di portare via i prodotti alimentari più costosi, soprattutto carne, pesce e parmigiano reggiano. Noi, in genere, cerchiamo di distinguere la situazione".

Quindi io chiedo: in queste situazioni si può parlare di un vero e proprio reato?

Rebecca Spillere

Le impronte digitali


Per impronta digitale intendiamo un' impronta lasciata dai dermatoglifi dell' ultima falange della dita delle mani.
Un dermatoglifo è il risultato dell' alternarsi di creste e solchi. Sono presenti sulle palme delle mani, sulle piante e sui polpastrelli delle dita.
Le impronte comparsero per la prima volta alla fine del XVII secolo d.C., venivano e vengono ancora utilizzati per l' identificazione degli esseri umani, e per inoltre rilevare la presenza su oggetti collegati a eventi criminosi.
Riguardo alla storia delle impronte digitali, sono state trovate tavolette babilonesi risalenti al 500 a.C., e quasi contemporaneamente furono scoperte anche in Cina.

L'impronta è costituita non solo da linee ma anche da figure. Ce ne sono circa sette tipi diversi:
.Arco: Le linee vanno come le onde da un lato all'altro;
·  Arco a tenda: Come l'arco ma con un bastone crescente nel mezzo;
·  Cappio: Le linee partono da un lato e rientrano nel mezzo dello stesso lato;
·  Doppio cappio: Come il cappio ma con due cappi interni che vanno In direzioni opposte;
·  Occhio di Pavone: Come il cappio ma con un piccolo cerchio nel punto di svolta;
·  Spirale: Le linee formano una spirale;
·  Misto: Composto con varie figure.

Ester Quainoo


mercoledì 19 marzo 2014

Instanbul


"C'era odore di fritto e di fiori. E di mare"


Istanbul è la capitale della Turchia, stata fondata nel 330 d.C. dall'imperatore Costantino, con il nome di Costantinopoli, sulla vecchia città Greca di Bisanzio. Fin dalla sua fondazione Istanbul è stata crocevia di razze, culture e religioni differenti. Ma è stata anche una città dai grandi contrasti, meta di crociate cristiane e oggetto di feroci riconquiste arabe. La sua posizione geografica, a metà tra l'Europa e l'Asia, la rende un posto singolare e quasi unico al mondo. Recentemente è stata al centro delle cronache per le violente rivolte di piazza scoppiate per protestare contro l'attuale governo turco.
I bazar e i bagni turchi di Istanbul potrebbero occupare il tempo di un lungo viaggio. Ma, una volta in città, non ci si può perdere una visita agli edifici più famosi e ai mercati delle piazze. Da tutte le strade della città è visibile l'imponente cupola della Moschea Blu e per attraversare il canale del Bosforo c'è l'entusiasmante passeggiata sul ponte Galata. Istanbul vive la particolare situazione di essere un ponte fra l'Europa e l'Asia. Da questa città transitano enormi flussi migratori di profughi provenienti dal Medio-Oriente. E' una città che rappresenta un simbolo di libertà. E' per questo che negli occhi di chi la visita, anche se non sta scappando da qualcosa o qualcuno, appare intensamente colorata, sfavillante, piena di suoni e di profumi inebrianti. Anche il mare che la bagna le conferisce un fascino speciale. E' come un'isola attraversata da un fiume (il Canale del Bosforo) sulla quale svettano le cupole dorate delle moschee. Per le vie di Istanbul risuona agli orari previsti il richiamo della preghiera musulmana, anche se la Turchia rimane fondamentalmente uno stato islamico laico.
Quando Enaiatollah arriva a Istanbul dopo un lungo e duro periodo di fuga, viene subito catturato dagli odori, dai colori e dalle visioni di questa città che subito gli fa sentire di essere in salvo. Forse Enaiatollah sente quel senso di pace che solo questa città speciale ha saputo conservare nei secoli pur essendo passata attraverso periodi di grandi conflitti e violenze. Istanbul lo fa sentire diverso.

Esistono città speciali che solo arrivandoci ti danno la sensazione di essere in un posto magico, come se quella città avesse per te un aspetto conosciuto. Sono spesso città di confine, di frontiera, dalle antiche tradizioni in cui si sono incrociate e hanno convissuto le grandi culture della storia. La vita in queste città stimola al massimo tutti i sensi, ma anche con questa forte sensazione di euforia vi si possono ritrovare piccoli spazi di tranquillità.

Giada Genovese

venerdì 14 marzo 2014

Tutele per la vita




"...quelle macchine enormi che sminuzzavano le pietre come terracotta, le affettavano come burro, capitava che qualcuno ci rimettesse un pezzo del proprio corpo: un braccio, una mano, una gamba"


Se parliamo di sicurezza sul lavoro, intendiamo quella situazione nella quale il lavoratore è posto nella condizione di lavorare senza esporsi al rischio di incidenti. Il luogo di lavoro, pertanto, deve essere dotato di tutti gli strumenti necessari a fornire protezione e ridurre così la possibilità di infortuni a dipendenti, lavoratori o chiunque si trovi nell'azienda. In Italia le norme di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori sono entrate in vigore il 15 maggio 2008, e prevedono sanzioni a carico di coloro che non le dovessero rispettare. Oltre al datore di lavoro, che deve assolutamente osservare queste misure di tutela, gli stessi lavoratori non devono essere esenti nell'utilizzo di dispositivi di sicurezza e nella prevenzione, diventando consapevoli delle condizioni in cui si trovano a lavorare.                                                   Il settore edile, ad esempio, conta nell'anno 2012 il 78% d’irregolarità tra tutti i cantieri ispezionati (dato rinvenuto da controlli intrapresi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); in questo campo, dove si verificano il maggior numero di infortuni, anche mortali, abbiamo un tasso altissimo   di anomalie. Come è possibile? Non c'è abbastanza prevenzione, abbastanza consapevolezza, o semplicemente il pensiero che il luogo dove passiamo almeno un terzo delle nostre giornate è sicuramente un luogo senza pericoli ci impedisce di pensare il contrario? Senza alcun dubbio ovunque vorremmo sentirci al sicuro, protetti, ma purtroppo non è sempre così, non dappertutto. Spesso  l'idea che il nostro luogo di lavoro sia pericoloso e metta a rischio la nostra incolumità spaventa: questo non è assolutamente un fatto da ignorare, bisogna invece approfondirlo e rendere tutti in grado di salvaguardarsi. La sicurezza sul lavoro non è pertanto un fenomeno da sottovalutare, in quanto ognuno è soggetto attivo nella propria prevenzione e non deve in nessun modo diventare oggetto, venendo quindi sfruttato in condizioni disastrose o lasciato a lavorare senza precauzioni. In sostanza "prevenire è meglio che curare", ed è meglio adottare oggi norme di prevenzione e tutela piuttosto che sopportare 'sciocche' perdite di connazionali, amici o parenti!

Rebecca Giacon

giovedì 13 marzo 2014

La realtà dell'Iran



“L’Iran che, visto dai finestrini, così, a distanza, mi sembrava molto più verde sia del Pakistan sia dell’Afghanistan. Ed è stato, ricordo, un viaggio meraviglioso”

L’Iran è un paese che presenta grandi contraddizioni: alla bellezza e suggestività del paesaggio e alla maestosità degli antichi palazzi storici e monumenti, si contrappone una grave crisi sociale ed economica, una profonda divisione tra le due principali fazioni religiose (sunniti e sciiti) e l’evidente chiusura mentale da parte dei più recenti capi del governo che, chiudendo le porte in faccia all’Occidente, hanno trascinato nuovamente il paese in un clima di recessione vanificando i progressi compiuti in precedenza. L’Iran potrebbe essere un paese molto ricco data la grande disponibilità di metano e petrolio nel sottosuolo; però questi sono nelle mani di pochi ricchi del luogo che li monopolizzano e quindi non possono essere sfruttati al meglio. Oltre a questo sono presenti molti attentati e guerre anche tra diversi stati, per ottenere queste preziose materie prime. Un altro problema che affligge l’Iran è quello tra le due fazioni religiose, sciiti e sunniti: in parole povere i sunniti sono un gruppo che voleva come successore di Maometto un califfo (estraneo); questi seguivano la “sunnah”, ovvero la tradizione. Gli sciiti, invece, sono un gruppo che voleva come successore di Maometto il suo genero, Alì; questi seguono  “la scia di Alì” e quindi sono i “partigiani di Alì”. Nonostante tutti questi problemi l’Iran rimane una meta molto interessante per la sua cultura e il suo particolare paesaggio. Speriamo che un domani possa diventare un posto migliore nel quale tutte le sue meraviglie possano essere gustate a pieno e soprattutto in pace.

Giorgia Faggionato

Un piccolo oggetto, un grande valore


“Era il mio orologio, e ci tenevo più che altro oggetto o che so io”
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da molti cambiamenti che poco a poco hanno segnato la vita dell’uomo; le persone rischiano infatti di perdere il valore delle piccole cose, perché ormai la realtà quotidiana ci fa vivere nell’ abbondanza, nel possesso di ogni cosa che viene data per scontata e immediata, anche quando non lo è affatto. 
Ai nostri giorni, quando si fa un regalo, quasi non lo si apprezza più perché si pensa “non era quello che volevo, non mi piace…”. Ormai negli occhi delle persone non risplende più, come accadeva fino a qualche decennio fa, la gioia di ricevere un piccolo pensiero o anche una semplice lettera. Nelle righe del libro, quando Enaitollah parla del suo primo orologio, si capisce come le persone che non hanno nulla sappiano accontentarsi e apprezzare le cose che hanno magari uno scarso valore economico, ma in sè ( come nel caso di Enaitollah) hanno un valore sentimentale che le lega al proprietario, e vale di più del loro costo.

Sarebbe curioso vedere cosa succederebbe entrando nelle menti dei popoli che non hanno nulla, per cominciare ad apprezzare anche solo un po’ di più il valore delle cose che ora noi snobbiamo, perché ai nostri occhi sono solo oggetti, mentre per chi è meno fortunato possono  essere quasi delle “conquiste” o delle vere e proprie ricchezze conseguite lavorando duramente. Nelle pagine del libro si incontrano spesso scene in cui si delineano sentimenti ormai d’altri tempi come affetti e tenerezze oggi scordate, ma che un tempo sapevano riempire di magia istanti preziosi. Ai nostri tempi scegliere un regalo diventa un’impresa, si rincorrono mode e modi di fare che ci allontanano dai sentimenti puri, dall’ inchiostro, dalla carta, proiettandoci in una direzione che rende l’ uomo estraneo alle emozioni e al piacere di stupirsi dinnanzi le piccole cose.
Francesca Rossi

Telisa e Sang Safid



“Avevamo paura della polizia iraniana. Avevamo paura di finire a Telisia o a Sang Safid, che se non sapete cosa sono, credetemi, è solo perché non siete stati profughi afghani  in Iran, perché tutti i profughi afghani in Iran sanno cosa sono Telisia e Sang Safid”.
  
Le carceri di Telisia e Sang Safid (in persiano Sang-e Safid e Tal-e Seeya), situate nella provincia di Hamadan, nella zona nord-occidentale dell’Iran, erano veri e propri campi di concentramento dove venivano imprigionati i profughi afghani.
Letteralmente per campo di concentramento si intende una struttura carceraria all'aperto, formata da baracche o container, usati per detenere grandi quantità di persone, circondato da mura e filo spinato e sorvegliato a vista da guardie armate.
Nella storia i campi di concentramento sono tristemente noti per le deportazioni di prigionieri ebrei effettuate nel corso della seconda guerra mondiale dai soldati nazisti. Purtroppo la storia che riguarda i campi di concentramento non si è conclusa con la fine della guerra, ma è arrivata fino ai giorni nostri.
Infatti, fino a qualche anno fa, il governo iraniano ha forzatamente deportato in questi “centri di permanenza” centinaia di migliaia di profughi afghani, che vivevano e lavoravano in Iran, giustificando tale comportamento affermando  che la deportazione di massa mirava a ridurre il numero di immigrati illegali nel paese. In realtà spesso venivano imprigionate anche persone in possesso di regolare permesso di soggiorno, ma venivano ugualmente rinchiusi e puniti per assicurarsi che non sarebbero mai tornati in Iran.I was born there; Tehran was my home.”
In queste strutture spesso venivano maltrattati e picchiati, a volte anche brutalmente torturati, e in molti casi dovevano anche pagare per avere cibo e acqua.

Un ragazzo che ha vissuto per cinque giorni nel campo di Sang Safid  ha raccontato cosa succedeva al suo interno; ha affermato di aver visto 40 uomini afghani  incatenati insieme all'interno del carcere. Erano seduti a terra, con le  mani e i piedi legati, ed erano stati trasportati ammanettati con un piccolo autobus, senza nemmeno aver potuto usare il bagno durante il viaggio.

Cecilia Burato

domenica 9 marzo 2014

L'infanzia negata



Il talebano, con il fucile, è entrato in classe e ha detto ad alta voce che bisognava chiudere la scuola, punto.

Oggi, nel mondo, a molti bambini e ragazzi viene negata l’istruzione, il diritto di andare a scuola e imparare a leggere, scrivere, far di conto. Vengono invece sfruttati nel lavoro, e sono preferiti agli adulti perché incapaci di ribellarsi e ignari dei loro diritti. Lo sfruttamento minorile è diffuso soprattutto in Asia, Africa e Sudamerica, ma non sono da escludere l’Europa e gli Stati Uniti. I bambini vengono impiegati soprattutto nelle fabbriche tessili, ma anche dalle multinazionali come braccianti nelle agricolture di piantagione. Le condizioni lavorative inoltre sono pessime, senza attenzione alla  sicurezza, e spesso i turni di lavoro durano anche 14 ore e per un minimo stipendio che talvolta non basta nemmeno per comprarsi il cibo. Molti svolgono un lavoro pericoloso, sono coinvolti in attività illegali (come il traffico di droga) o lavorano nelle peggiori forme di sfruttamento come schiavitù, lavoro forzato o addirittura arruolamento nei conflitti armati. Questa realtà di vita coinvolge oltre 250 milioni di bambini di tutto il mondo, si svolge in ambienti nocivi alla salute, e inoltre impedisce loro di godersi la propria infanzia. Talvolta i bambini vengono venduti come schiavi dai genitori, in cambio di una minima somma o la promessa di un lavoro dignitoso. L’Italia non è esclusa da questo fenomeno che è presente soprattutto nei paesi meridionali, in cui più di 200 mila giovani tra i 9 e i 15 anni sono già impiegati nel mondo del lavoro illegale. La mancanza d’istruzione comporta a rimanere in una condizione di analfabetismo e ignoranza, e impedirà loro di entrare nel vero mondo del lavoro legale.

Veronica L.


giovedì 6 marzo 2014

Sciiti e sunniti. Due anime della stessa religione


“Ho detto: Prima sono uno sciita, poi sono un musulmano. Anzi - ho aggiunto – prima sono un hazara, poi uno sciita, poi un musulmano.”

La divisione tra sunniti e sciiti risale al periodo seguente la morte di Maometto in cui non si sapeva come far procedere la successione e tramandare la dottrina. Infatti i sunniti ritenevano che il suo successore dovesse essere eletto da e tra l’aristocrazia, per poi diventare califfo, mentre gli sciiti sostenevano che dovesse essere un discendente di Maometto, appoggiando così la figura del cugino Alì che era visto come naturale erede del grande profeta. Questo fatto causò una profonda rottura che ancora oggi continua ad essere molto marcata non soltanto dal punto di vista religioso, ma anche politico.    I sunniti preferiscono seguire la tradizionale religione islamica: seguono gli insegnamenti del Corano e utilizzano come punto di riferimento la vita, le azioni e le parole di Maometto, difatti la parola sunniti deriva dal termine “sunnah” che significa appunto tradizione. Gli sciiti invece hanno riti più vicini a quelli dei cristiani e vedono come punto di riferimento il patriarca della loro comunità identificandolo come successore di Maometto. Di conseguenza, anche per quanto riguarda la politica, essendo questa parte integrante della religione, è inevitabile che le idee siano sempre contrapposte. Oggi i sunniti rappresentano la maggior parte dei musulmani e si sono insediati nell’Africa settentrionale ed in gran parte del mondo arabo, mentre gli sciiti si trovano principalmente in Iran ed in Pakistan. Questa divisione è stata la causa di molte guerre e ancora oggi la riunificazione e la pacificazione tra sunniti e sciiti sembra ancora un traguardo irraggiungibile.
Per approfondimenti, cliccare qui.

Anna F.

lunedì 3 marzo 2014

La città del commercio


….Il bazar dove osta sahib mi aveva detto di andare si chiamava Liaquat Bazar ed era in centro…
  
Un bazar è un'area dedicata al commercio, costituita da un insieme di vie e larghi in cui s'affacciano numerosi negozi. Originariamente significava "il posto dei prezzi" e in Arabia prende il nome di “Suq”. E’ in Medio Oriente - in Turchia, in Afghanistan, in Iran ma anche in Egitto - che troviamo il bazar per antonomasia.
Tra i bazar più conosciuti e maggiormente visitati abbiamo:

Il Bazar di Tabriz ,dell’omonima città, uno dei principali luoghi di commercio del Medio Oriente, che è situato lungo la storica Via della seta, ed è il più grande bazar coperto al mondo e che probabilmente risale a circa 1000 anni fa.
Comprende circa 35 km di passaggi coperti, più di 7000 negozi, 24 caravanserragli e 28 moschee. L'attività principale è la lavorazione dei tappeti, ma anche quella degli argenti e dei gioielli.
Il Bazar di Khân el-Khalilî, il principale suq del Cairo vecchio e una delle principali attrazioni turistiche, che a causa delle sue grandi dimensioni è il secondo mercato più grande dell'intero Vicino Oriente. Offre tessuti, pelli, vivande, spezie, gioielli tradizionali e profumi per i quali occorre comunque a lungo trattare, secondo un costume diffuso in tutto il mondo islamico. Vi sono anche numerosi caffè, ristoranti per tutti i livelli di spesa, botteghe e carrettini in cui si vende il cibo tradizionale egiziano.Troviamo anche la popolarissima moschea di al-Husayn e l'Università-Moschea di al-Azhar.
Il Grande Bazar d'Istanbul, il più grande bazar del mondo.
Il Bazar è sempre affollato e pieno di turisti per l'intero orario di apertura. Si vende ogni genere di spezie, tessuti e dolci, e si possono trovare anche botteghe artigiane, come ad esempio quella del calzolaio.

Rebecca G.